Annibale, qualche tuo articolo é qui....
*** Roma, 11 maggio 1964
Ill.mo Direttore de
"Il Messaggero"
Mi riferisco all'articolo apparso sul Messaggero l'11 maggio concernente il
discorso dell'Onorevole Pacciardi al Teatro Adriano.
Poiché sono stato io a porre la domanda a Pacciardi "Parlaci di
Fiumicino" e poiché tra i presenti moltissimi, che hanno avuto occasione
di riconoscermi, mi hanno sempre stimato per la linearità degli atteggiamenti
politici, desidero precisare, a difesa della mia onorabilità politica, che la
risposta di Pacciardi "Udite la voce di Mosca" é priva di ogni
fondamento.
A provare questa mia affermazione chiamo in causa lo stesso Pacciardi che mi
conosce di persona.
Sono stato Segretario Nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana,
membro della Direzione e dell'Esecutivo della Unione Romana del P.R.I.,
redattore di "Gioventù Libera" rivista pubblicata sotto la guida di
Giovanni Conti, iscritto al P.R.I. dal 1945 ed in nessun'altra organizzazione
politica; pur non indulgendo verso le destre e verso il movimento cattolico ho
sempre avversato i comunisti, non le sacrosante lotte emancipatrici dei
lavoratori, considerando il comunismo un errore politico, sociale ed economico,
anche quando il Pacciardi tentò con ogni mezzo di portare i repubblicani a
confondersi nel calderone marxista.
Con tali intendimenti, con altri amici carissimi ho promosso recentemente la
costituzione dell'Associazione "Libertà e Verità" ed ho avuto cura
di precisare sempre il mio pensiero pubblicamente, nelle riunioni di partito ed
anche in colloqui con Pacciardi, uno dei quali poco prima del concepimento del
suo movimento politico nel suo studio di via del Corso.
Vi prego di pubblicare questa lettera allo scopo di evitare che amici che mi
conoscono e che hanno udito interrompere il discorso di Pacciardi, possano
dubitare della coerenza della mia attività politica.
Vi ringrazio e porgo distinti saluti
Annibale Bianco
Via Ugolino Cavalcabò, 4
ROMA
tratto da :
AUTONOMIA
REPUBBLICANA - NUMERO UNICO FEBBRAIO 1965
(Redazione: Via U.
Cavalcabò, 4 Roma)
In preparazione del XXIX
Congresso Nazionale del PRI
Punti Fermi
Noi
proponiamo il ritorno aperto e responsabile alle programmazioni nostre, basate
sulla concezione di uno stato articolato in ampie autonomie locali che é la
prima, la fondamentale delle grandi riforme, destinate a consentire ai cittadini
di esercitare direttamente il potere di scelta e di decisione.
In armonia con le
nostre autonomistiche concezioni politiche vorremmo affidare all'associazione
spontanea dei lavoratori lo sviluppo economico del paese e la soddisfazione
delle individuali esigenze economiche, sociali e civili fino al limite in cui
l'attività dell'uomo non abbia a tradursi e trasformarsi in sfruttamento degli
uni sugli altri.
Esperimenti di
carattere associativo sono stati compiuti in forme diverse in tanti paesi del
mondo e nulla dovrebbe ostacolare una organizzazione della società italiana
secondo la nostra concezione di libertà e di eguaglianza. Soltanto
per queste finalità sociali ed entro questi limiti rigorosi noi ammettiamo e
dobbiamo sollecitare l'intervento legislativo dello Stato in armonia al precetto
costituzionale secondo il quale, garantendo la proprietà privata, la repubblica
rimuove gli ostacoli per assicurarne la funzione sociale e per renderla
accessibile a tutti, stabilendo i limiti della successione, trasferendo a
comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese,
riconoscendo la funzione sociale della cooperazione e promuovendone ed
assecondandone l'incremento, favorendo l'accesso del risparmio popolare alla
proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e
indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese,
assicurando al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla
famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Insomma
una attività dello stato strettamente limitata ad una sana, semplice, saggia
legislazione sociale. Se
l'imminente Congresso Nazionale dei Repubblicani, senza fuorviare, riuscirà a
circoscrivere la discussione per la chiara riaffermazione, di fronte alle
interne ed esterne tendenze stataliste ed accentratrici, di quelle che furono
sempre in passato le grandi direttrici ideologiche, trasformatrici della
società in senso libertario nelle strutture politiche ed economiche, rimuovendo
frattanto gli ostacoli che hanno finora impedito al partito di svolgere
integralmente con fermezza e con chiarezza la sua autonoma funzione storica,
potrà essere assicurata, insieme ad una forte ripresa repubblicana nel paese,
una benefica e forse decisiva influenza della sua dottrina sulla condotta e
sugli orientamenti delle altre formazioni politiche. ANNIBALE
BIANCO Articoli,
adesioni e consensi di : Luigi
Einaudi - Giovanni Conti - Oliviero Zuccarini - Morandi - Dante Conti - Ajazzi -
Recchioni - Aldo Magnanini - Prof. Giuseppe Mannarino - Antonio Ermeti -
Sigfrido Costa - Dr. Otello Carfora - Oreste Battioni - Tommaso Fabretti -
Antonio Cedro Mendoza -Dottor Piero Pergoli - ecc.
AZIONE,
AZIONE: NUOVA GRANDE AZIONE REPUBBLICANA in questo paese di addormentati nel
mugugno, nel conformismo, nel professionalismo, politico, partitico,
sindacale; Azione popolare, cioé col Popolo, tra il Popolo, alla testa del
Popolo. Questo
é per i Repubblicani un dogma. Chi non lo capisce é uno sperduto nel buio,
brancola, annaspa: perdendo tempo, facendone perdere al partito repubblicano,
vietandogli di giugere alla meta all'ora giusta.
tratto da :
AUTONOMIA
REPUBBLICANA - 25-28 MARZO 1965
(Redazione: Via U.
Cavalcabò, 4 Roma)
Intervento al XXIX
Congresso Nazionale del PRI
Uno sguardo al passato
Chi come noi é entrato nel Partito Repubblicano per convinzioni
formatesi sulla base di studi, di osservazioni ed esperienze storiche, si
proponeva anche di entrare a far parte di una organizzazione di uomini impegnati
nella lotta politica a trasformare lo Stato e la società con quelle istituzioni
che meglio potevano garantire all'uomo il massimo della libertà nei confronti
dello Stato e di quelle classi sociali che godevano già innumerevoli, ingiusti
privilegi. L'azione svolta dal partito in passato si era imposta
all'attenzione del paese e delle altre organizzazioni politiche proprio per
queste precise finalità e per la intransigenza con cui ogni trasformismo
politico veniva giudicato e respinto; l'attività dei repubblicani fu intensa
sotto tutti gli aspetti e in ogni settore; il loro atteggiamento in ogni fatto
politico di carattere contingente fu sempre realisticamente mantenuto nel quadro
dei suoi principi ideologici fondamentali; la visione della organizzazione dello
Stato e di tutti gli organismi sociali fu sempre ben individuata e
riconoscibile. Era insomma il partito che effettivamente proponeva al paese in
ogni circostanza con coerenza ideologica e con senso storico e realistico la
visione integrale di una società repubblicana. I risultati conseguiti dopo
lunghi anni di azione e di preparazione furono pari alle aspettative proprio per
l'impegno determinante del nostro partito: la repubblica e la nuova costituzione
dello Stato divennero una realtà. Poi, proprio allorché sarebbe stata
necessaria una azione politica energica nel paese per impegnare i dirigenti
della politica dello Stato alle attuazioni costituzionali con la conseguente
eliminazione di tutte le sovrastrutture, dilapidatrici del denaro del popolo,
manifestatesi nel vecchio stato accentratore, cominciarono a prevalere nel
partito uomini o gruppi organizzati che da tempo meditavano la conquista dei
posti di comando, aiutati, quantomeno con neutralità, dai maggiorenti
repubblicani della sesta giornata piovuti nel p.r.i. dalla consulta dai governi
dei C.L.N. e dell'esarchia, esempio macroscopico della riproduzione del vecchio
costume trasformistico e parlamentaristico che il Partito aveva in precedenza
clamorosamente denunziato e combattuto. E si impose al glorioso partito
libertario e di effettiva democrazia il vestito logoro e polveroso dell'ancien
régime per il quale Democrazia non è come diceva Cattaneo "
Popolo in atto di far leggi " attraverso un ben congegnato
ordine costituzionale basato sulle più ampie autonomie locali, ma quello
passatista nel quale il Parlamento ed i suoi componenti si auto-attribuiscono la
funzione esclusiva di elargire o di limitare ai sudditi al libertà. Così
anziché lottare per la rapida attuazione delle autonomie locali, per la
eliminazione delle prefetture di giolittiana memoria, per la riforma della
burocrazia, per la eliminazione graduale di tutti gli enti e gli istituti
pubblici parassitari affrontando il problema grave della disoccupazione con le
opere infrastrutturali e con l'incoraggiamento dell'investimento produttivo da
parte dei privati e delle associazioni sindacali dei lavoratori attraverso un
oculato utilizzo dei fondi del piano Marshall, veniva definita come democratica
l'opera del ministro degli interni Mario Scelba, che invitava i segretari
comunali ad essere la longa manus del governo centrale nei comuni, si
preparavano leggi liberticide, si tenevano chiusi gli Archivi di Stato invece di
aprirli per la formazione storica delle giovani generazioni, si moltiplicavano
gli enti pubblici, si accentravano presso l'I.R.I. le industrie passive e
parassitarie private prosperate all'ombra del protezionismo, si utilizzavano
improduttivamente gran parte dei fondi ERP impiegandone una considerevole parte
nelle campagne elettorali, si appesantiva infine la macchina burocratica dello
Stato, si sparava sui contadini, si alzava a giustificazione e a copertura il
bandierone dell'anticomunismo viscerale. Si dava insomma inizio in tal modo
alla trasfigurazione ideologica ed all'alterazione della funzione politica del
partito tanto ché l'attività dei repubblicani finiva col restringersi alle
alchimie parlamentari, nelle votazioni di fiducia ai governi, nelle contese
concernenti la nostra rappresentanza nell'organo esecutivo dello stato; si
cominciava a negare al partito, per varie furberie, il dibattito interno e si
prospettava al paese non più la società repubblicana ma la necessità di
sostenere ad ogni costo il governo con maggioranze precostituite dalle
segreterie dei partiti senza neanche pretendere, come condizione per la nostra
partecipazione, un minimo di programma e senza tener conto delle fondamentali
prescrizioni costituzionali. Il Partito si andava in tal modo sempre meglio
confondendo tra i vari partiti che operavano nel paese per la composizione e la
spartizione dei portafogli ministeriali. Si marciava così per la strada opposta
a quella che dovrebbe essere la nostra restando legati alla collaborazione con
la D.C. nella .... pretesa di difendere le istituzioni, dalla destra come poi
dal blocco del popolo. Quasi che per noi Repubblica altro non dovesse
significare che cambiamento di insegna nelle tabaccherie dello Stato ! Con
tale genere di politica in definitiva eravamo noi stessi a svuotare di
significato e di valore le istituzioni repubblicane. E' in questo quadro
politico che vanno giudicati i successivi accomodamenti escogitati con
denominazioni o formule vuote di contenuto e le più disparate. Quante ne sono
state infatti, adoperate: quadripartito, solidarietà democratica, astensione
fiduciosa, astensione sfiduciata, convergenza democratica, nonché centro
sinistra di prima e di seconda edizione. Attraverso tutte queste astratte
formule politiche partorite dai politici..... puri, ci troviamo oggi al punto di
partenza: con un partito repubblicano che non ha più una vera forza
organizzativa, senza particolari caratteristiche politiche e sociali, indicato
dal pubblico come corresponsabile della involuzione politica del paese; con un
partito cattolico sempre più caotico, ancorato al potere e disposto per
conservare la sua supremazia ad accettare le più innaturali alleanze , con
partiti socialisti frantumati nelle posizioni massimalistiche o trasformistiche,
con un partito liberale rafforzato dal centro sinistra grazie ad una
maschera antistatalista che non gli appartiene e, con un fortissimo partito
comunista che mobilita oltre ai proletari, i contadini, i piccoli proprietari, i
piccoli risparmiatori, i piccoli commercianti su una tematica che in gran parte
contrasta le sue vere finalità stataliste ed accentratrici. Questa confusa e
drammatica situazione politica che corrisponde a difficilissima e ognior più
intricata condizione sociale ed economica del paese, é la prova dell'assurdità
e dell'astrattezza dell'orientamento politico impresso al nostro partito.
Assurdità ed astrattezze delle quali abbiamo parlato non tanto per recriminare
quanto invece allo scopo di ritrovare insieme le soluzioni più idonee a
ricondurre il partito repubblicano sulla sua via maestra. Il paese ha bisogno
di un movimento politico pulito che non sia disposto ai compromessi
rinunciatari, aperto alle più coraggiose soluzioni democratiche. E' il
compito di questo importante convegno repubblicano, al quale il nostro gruppo ha
dedicato ogni migliore attenzione proponendogli le soluzioni più conformi ai
nostri principi. ANNIBALE
BIANCO ------------------------------------ Una
nuova Costituzione ? 2002 Scritto
da Annibale come riflessione a seguito della situazione politica del nuovo
millennio Si fa un gran parlare sulla necessità di revisionare la
Costituzione Repubblicana che, sebbene sia passata sotto la lente
d'ingrandimento di uomini di cultura di particolare prestigio (De Nicola, Croce,
Salvemini, Einaudi, Ernesto Rossi, Calamandrei, Perassi, Dossetti, De Gasperi
etc...) e pur avendoci preservato da tentativi destabilizzanti di grave pericolo
(inegralismo cattolico del '48, terrore rosso del '68, deviazionismi occulti
degli anni 80 e la diffusa corruzione politica che ancora oggi ci perseguita)
pare, secondo talune forze politiche, che abbia bisogno di essere revisionata in
certi suoi meccanismi (formazione delle leggi, stabilità di governo,
indipendenza della Magistratura). Con quale mezzo ? Commissione parlamentare o
Assemblea Costituente ? Calamità come quelle che dettero origine alla
fondazione della Repubblica pare che non sussistano a giustificazione di una
Costituente ! Questa é una verità! Con buona pace di Cossiga che, di fatto ed
in contrasto con i principi costituzionali, vorrebbe disconoscere la
rappresentanza popolare dell'attuale Parlamento continuando a deleggittimare la
Costituzione che pur in passato avrebbe dovuto difendere ed attuare, ma di cui
non si perita oggi di sputare a vantaggio personale il seggio senatoriale
"a vita" elargitogli appunto per giusto e specifico precetto della
"Magna Charta". Ma per chiudere il discorso e tagliare la testa al
toro, vorrei azzardare la formulazione di una proposta conciliativa delle varie
tesi sullo "strumento rappresentativo ad hoc". Premesso che in
qualsiasi "ordinamento costituzionale" la sovranità popolare viene
esercitata attraverso l'istituto della "rappresentanza" (larghissima
nei regimi a forti connotati di "democrazia diretta", sempre più
ristretta invece quando l'ordinamento ha forti connotati di "presidenzialismo"
o di regimi più oligarchici" ), io propongo una Commissione di larga
rappresentanza popolare con compiti referenti formata da :
- Sindaci (o loro qualificato sostituto) dei Capoluoghi Regionali
- Presidenti (o loro qualificato sostituto) delle Regioni
- Trenta o quaranta Parlamentari (deputati e senatori) in rappresentanza
"proporzionale" delle forze politiche in PArlamento
- Modesta rappresentanza della Magistratura ordinaria, amministrativa e
speciale.
La Presidenza di siffatta Commissione dovrebbe essere affidata ad un membro
della Corte Costituzionale indicato dalla Corte stessa.
* * *
In tal modo mi pare che :
- la rappresentanza popolare sarebbe largamente realizzata in tutte le sue
componenti
- la delibera finale sul progetto sarebbe affidata al Parlamento, dove
risiede cioè il potere legislativo
- l'approvazione delle proposte di modifiche costituzionali così licenziate
verrebbe sottoposta ad un "referendum popolare" per la ratifica
definitiva
* * *
Sarebbe naturalmente inteso che i lavori della Commissione
dovrebbero avere una durata predeterminata (massimo un anno), la delibera del
Parlamento entro quattro mesi dal licenziamento della proposta della
Commissione, la celebrazione del referendum popolare di approvazione definitiva
entro sei mesi dalla delibera del Parlamento.
Entro due anni al massimo dall'insediamento della Commissione,
la Costituzione dovrebbe essere revisionata con buona pace delle chiacchiere e
delle polemiche vere o infondate !
* * *
Quanto sopra per assecondare che cerca la tranquillità in
qualche commissione o comitato o comizio; per conto mio le regole che
sapientemente furono scritte dal 1946 al 1948 sono più che sufficienti ad
assicurare un ordine democratico al paese: qualsiasi altra regola, anche vicina
a quelle divine, non potrebbe dare fiducia se viene a mancare, come spesso è
mancato in questo cinquennio, il "costume" che è il compendio delle
virtù civili e morali che, al di là di ogni legge scritta, ho imparato ad
apprezzare con l'assidua frequentazione dei miei maestri: Giovanni Conti, Vice
Presidente della storica Assemblea del '46, e di Oliviero Zuccarini, emerito
Costituente e studioso delle autonomie locali e delle problematiche sindacali ed
economiche.
ANNIBALE BIANCO
|