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Annibale

Al Messaggero - (11 maggio 1964)

Punti Fermi  - (febbraio 1965)

Uno sguardo al passato - (marzo 1965)

Una nuova Costituzione ? - (2002) 

Annibale, qualche tuo articolo é qui....

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Roma, 11 maggio 1964

Ill.mo Direttore de 
"Il Messaggero"  

Mi riferisco all'articolo apparso sul Messaggero l'11 maggio concernente il discorso dell'Onorevole  Pacciardi al Teatro Adriano.

Poiché sono stato io a porre la domanda a Pacciardi "Parlaci di Fiumicino" e poiché tra i presenti moltissimi, che hanno avuto occasione di riconoscermi, mi hanno sempre stimato per la linearità degli atteggiamenti politici, desidero precisare, a difesa della mia onorabilità politica, che la risposta di Pacciardi "Udite la voce di Mosca" é priva di ogni fondamento.

A provare questa mia affermazione chiamo in causa lo stesso Pacciardi che mi conosce di persona.

Sono stato Segretario Nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana, membro della Direzione e dell'Esecutivo della Unione Romana del P.R.I., redattore di "Gioventù Libera" rivista pubblicata sotto la guida di Giovanni Conti, iscritto al P.R.I. dal 1945 ed in nessun'altra organizzazione politica; pur non indulgendo verso le destre e verso il movimento cattolico ho sempre avversato i comunisti, non le sacrosante lotte emancipatrici dei lavoratori, considerando il comunismo un errore politico, sociale ed economico, anche quando il Pacciardi tentò con ogni mezzo di portare i repubblicani a confondersi nel calderone marxista.

Con tali intendimenti, con altri amici carissimi ho promosso recentemente la costituzione dell'Associazione "Libertà e Verità" ed ho avuto cura di precisare sempre il mio pensiero pubblicamente, nelle riunioni di partito ed anche in colloqui con Pacciardi, uno dei quali poco prima del concepimento del suo movimento politico nel suo studio di via del Corso.

Vi prego di pubblicare questa lettera allo scopo di evitare che amici che mi conoscono e che hanno udito interrompere il discorso di Pacciardi, possano dubitare della coerenza della mia attività politica.

Vi ringrazio e porgo distinti saluti

Annibale Bianco

Via Ugolino Cavalcabò, 4

ROMA

 

tratto da :

AUTONOMIA REPUBBLICANA - NUMERO UNICO FEBBRAIO 1965
(Redazione: Via U. Cavalcabò, 4 Roma)

In preparazione del XXIX Congresso Nazionale del PRI 

Punti Fermi

Noi proponiamo il ritorno aperto e responsabile alle programmazioni nostre, basate sulla concezione di uno stato articolato in ampie autonomie locali che é la prima, la fondamentale delle grandi riforme, destinate a consentire ai cittadini di esercitare direttamente il potere di scelta e di decisione.

In armonia con le nostre autonomistiche concezioni politiche vorremmo affidare all'associazione spontanea dei lavoratori lo sviluppo economico del paese e la soddisfazione delle individuali esigenze economiche, sociali e civili fino al limite in cui l'attività dell'uomo non abbia a tradursi e trasformarsi in sfruttamento degli uni sugli altri.

Esperimenti di carattere associativo sono stati compiuti in forme diverse in tanti paesi del mondo e nulla dovrebbe ostacolare una organizzazione della società italiana secondo la nostra concezione di libertà e di eguaglianza.

Soltanto per queste finalità sociali ed entro questi limiti rigorosi noi ammettiamo e dobbiamo sollecitare l'intervento legislativo dello Stato in armonia al precetto costituzionale secondo il quale, garantendo la proprietà privata, la repubblica rimuove gli ostacoli per assicurarne la funzione sociale e per renderla accessibile a tutti, stabilendo i limiti della successione, trasferendo a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, riconoscendo la funzione sociale della cooperazione e promuovendone ed assecondandone l'incremento, favorendo l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese, assicurando al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

Insomma una attività dello stato strettamente limitata ad una sana, semplice, saggia legislazione sociale.

Se l'imminente Congresso Nazionale dei Repubblicani, senza fuorviare, riuscirà a circoscrivere la discussione per la chiara riaffermazione, di fronte alle interne ed esterne tendenze stataliste ed accentratrici, di quelle che furono sempre in passato le grandi direttrici ideologiche, trasformatrici della società in senso libertario nelle strutture politiche ed economiche, rimuovendo frattanto gli ostacoli che hanno finora impedito al partito di svolgere integralmente con fermezza e con chiarezza la sua autonoma funzione storica, potrà essere assicurata, insieme ad una forte ripresa repubblicana nel paese, una benefica e forse decisiva influenza della sua dottrina sulla condotta e sugli orientamenti delle altre formazioni politiche.

ANNIBALE BIANCO

Articoli, adesioni e consensi di :

Luigi Einaudi - Giovanni Conti - Oliviero Zuccarini - Morandi - Dante Conti - Ajazzi - Recchioni - Aldo Magnanini - Prof. Giuseppe Mannarino - Antonio Ermeti - Sigfrido Costa - Dr. Otello Carfora - Oreste Battioni - Tommaso Fabretti - Antonio Cedro Mendoza -Dottor Piero Pergoli -  ecc.

AZIONE, AZIONE: NUOVA GRANDE AZIONE REPUBBLICANA in questo paese di addormentati nel mugugno, nel conformismo,  nel professionalismo, politico, partitico, sindacale; Azione popolare, cioé col Popolo, tra il Popolo, alla testa del Popolo.

Questo é per i Repubblicani un dogma. Chi non lo capisce é uno sperduto nel buio, brancola, annaspa: perdendo tempo, facendone perdere al partito repubblicano, vietandogli di giugere alla meta all'ora giusta.

 

tratto da :

AUTONOMIA REPUBBLICANA - 25-28 MARZO 1965
(Redazione: Via U. Cavalcabò, 4 Roma)

Intervento al XXIX Congresso Nazionale del PRI 

Uno sguardo al passato

Chi come noi é entrato nel Partito Repubblicano per convinzioni formatesi sulla base di studi, di osservazioni ed esperienze storiche, si proponeva anche di entrare a far parte di una organizzazione di uomini impegnati nella lotta politica a trasformare lo Stato e la società con quelle istituzioni che meglio potevano garantire all'uomo il massimo della libertà nei confronti dello Stato e di quelle classi sociali che godevano già innumerevoli, ingiusti privilegi.

L'azione svolta dal partito in passato si era imposta all'attenzione del paese e delle altre organizzazioni politiche proprio per queste precise finalità e per la intransigenza con cui ogni trasformismo politico veniva giudicato e respinto; l'attività dei repubblicani fu intensa sotto tutti gli aspetti e in ogni settore; il loro atteggiamento in ogni fatto politico di carattere contingente fu sempre realisticamente mantenuto nel quadro dei suoi principi ideologici fondamentali; la visione della organizzazione dello Stato e di tutti gli organismi sociali fu sempre ben individuata e riconoscibile.

Era insomma il partito che effettivamente proponeva al paese in ogni circostanza con coerenza ideologica e con senso storico e realistico la visione integrale di una società repubblicana.

I risultati conseguiti dopo lunghi anni di azione e di preparazione furono pari alle aspettative proprio per l'impegno determinante del nostro partito: la repubblica e la nuova costituzione dello Stato divennero una realtà.

Poi, proprio allorché sarebbe stata necessaria una azione politica energica nel paese per impegnare i dirigenti della politica dello Stato alle attuazioni costituzionali con la conseguente eliminazione di tutte le sovrastrutture, dilapidatrici del denaro del popolo, manifestatesi nel vecchio stato accentratore, cominciarono a prevalere nel partito uomini o gruppi organizzati che da tempo meditavano la conquista dei posti di comando, aiutati, quantomeno con neutralità, dai maggiorenti repubblicani della sesta giornata piovuti nel p.r.i. dalla consulta dai governi dei C.L.N. e dell'esarchia, esempio macroscopico della riproduzione del vecchio costume trasformistico e parlamentaristico che il Partito aveva in precedenza clamorosamente denunziato e combattuto.

E si impose al glorioso partito libertario e di effettiva democrazia il vestito logoro e polveroso dell'ancien régime per il quale Democrazia non è come diceva Cattaneo " Popolo in atto di far leggi "  attraverso un ben congegnato ordine costituzionale basato sulle più ampie autonomie locali, ma quello passatista nel quale il Parlamento ed i suoi componenti si auto-attribuiscono la funzione esclusiva di elargire o di limitare ai sudditi al libertà.

 Così anziché lottare per la rapida attuazione delle autonomie locali, per la eliminazione delle prefetture di giolittiana memoria, per la riforma della burocrazia, per la eliminazione graduale di tutti gli enti e gli istituti pubblici parassitari affrontando il problema grave della disoccupazione con le opere infrastrutturali e con l'incoraggiamento dell'investimento produttivo da parte dei privati e delle associazioni sindacali dei lavoratori attraverso un oculato utilizzo dei fondi del piano Marshall, veniva definita come democratica l'opera del ministro degli interni Mario Scelba, che invitava i segretari comunali ad essere la longa manus del governo centrale nei comuni, si preparavano leggi liberticide, si tenevano chiusi gli Archivi di Stato invece di aprirli per la formazione storica delle giovani generazioni, si moltiplicavano gli enti pubblici, si accentravano presso l'I.R.I. le industrie passive e parassitarie private prosperate all'ombra del protezionismo, si utilizzavano improduttivamente gran parte dei fondi ERP impiegandone una considerevole parte nelle campagne elettorali, si appesantiva infine la macchina burocratica dello Stato, si sparava sui contadini, si alzava a giustificazione e a copertura il bandierone dell'anticomunismo viscerale.

Si dava insomma inizio in tal modo alla trasfigurazione ideologica ed all'alterazione della funzione politica del partito tanto ché l'attività dei repubblicani finiva col restringersi alle alchimie parlamentari, nelle votazioni di fiducia ai governi, nelle contese concernenti la nostra rappresentanza nell'organo esecutivo dello stato; si cominciava a negare al partito, per varie furberie, il dibattito interno e si prospettava al paese non più la società repubblicana ma la necessità di sostenere ad ogni costo il governo con maggioranze precostituite dalle segreterie dei partiti senza neanche pretendere, come condizione per la nostra partecipazione, un minimo di programma e senza tener conto delle fondamentali prescrizioni costituzionali.

Il Partito si andava in tal modo sempre meglio confondendo tra i vari partiti che operavano nel paese per la composizione e la spartizione dei portafogli ministeriali. Si marciava così per la strada opposta a quella che dovrebbe essere la nostra restando legati alla collaborazione con la D.C. nella .... pretesa di difendere le istituzioni, dalla destra come poi dal blocco del popolo.

Quasi che per noi Repubblica altro non dovesse significare che cambiamento di insegna nelle tabaccherie dello Stato ! 

Con tale genere di politica in definitiva eravamo noi stessi a svuotare di significato e di valore le istituzioni repubblicane.

E' in questo quadro politico che vanno giudicati i successivi accomodamenti escogitati con denominazioni o formule vuote di contenuto e le più disparate.

Quante ne sono state infatti, adoperate: quadripartito, solidarietà democratica, astensione fiduciosa, astensione sfiduciata, convergenza democratica, nonché centro sinistra di prima e di seconda edizione.

Attraverso tutte queste astratte formule politiche partorite dai politici..... puri, ci troviamo oggi al punto di partenza: con un partito repubblicano che non ha più una vera forza organizzativa, senza particolari caratteristiche politiche e sociali, indicato dal pubblico come corresponsabile della involuzione politica del paese; con un partito cattolico sempre più caotico, ancorato al potere e disposto per conservare la sua supremazia ad accettare le più innaturali alleanze , con partiti socialisti frantumati nelle posizioni massimalistiche o trasformistiche, con un partito liberale rafforzato dal centro sinistra  grazie ad una maschera antistatalista che non gli appartiene e, con un fortissimo partito comunista che mobilita oltre ai proletari, i contadini, i piccoli proprietari, i piccoli risparmiatori, i piccoli commercianti su una tematica che in gran parte contrasta le sue vere finalità stataliste ed accentratrici.

Questa confusa e drammatica situazione politica che corrisponde a difficilissima e ognior più intricata condizione sociale ed economica del paese, é la prova dell'assurdità e dell'astrattezza dell'orientamento politico impresso al nostro partito. Assurdità ed astrattezze delle quali abbiamo parlato non tanto per recriminare quanto invece allo scopo di ritrovare insieme le soluzioni più idonee a ricondurre il partito repubblicano sulla sua via maestra.

Il paese ha bisogno di un movimento politico pulito che non sia disposto ai compromessi rinunciatari, aperto alle più coraggiose soluzioni democratiche.

E' il compito di questo importante convegno repubblicano, al quale il nostro gruppo ha dedicato ogni migliore attenzione proponendogli le soluzioni più conformi ai nostri principi.      

ANNIBALE BIANCO

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Una nuova Costituzione ?

2002

Scritto da Annibale come riflessione a seguito della situazione politica del nuovo millennio

Si fa un gran parlare sulla necessità di revisionare la Costituzione Repubblicana che, sebbene sia passata sotto la lente d'ingrandimento di uomini di cultura di particolare prestigio (De Nicola, Croce, Salvemini, Einaudi, Ernesto Rossi, Calamandrei, Perassi, Dossetti, De Gasperi etc...) e pur avendoci preservato da tentativi destabilizzanti di grave pericolo (inegralismo cattolico del '48, terrore rosso del '68, deviazionismi occulti degli anni 80 e la diffusa corruzione politica che ancora oggi ci perseguita) pare, secondo talune forze politiche, che abbia bisogno di essere revisionata in certi suoi meccanismi (formazione delle leggi, stabilità di governo, indipendenza della Magistratura).

Con quale mezzo ? Commissione parlamentare o Assemblea Costituente ?

 Calamità come quelle che dettero origine alla fondazione della Repubblica pare che non sussistano a giustificazione di una Costituente ! Questa é una verità! Con buona pace di Cossiga che, di fatto ed in contrasto con i principi costituzionali, vorrebbe disconoscere la rappresentanza popolare dell'attuale Parlamento continuando a deleggittimare la Costituzione che pur in passato avrebbe dovuto difendere ed attuare, ma di cui non si perita oggi di sputare a vantaggio personale il seggio senatoriale "a vita" elargitogli appunto per giusto e specifico precetto della "Magna Charta".

Ma per chiudere il discorso e tagliare la testa al toro, vorrei azzardare la formulazione di una proposta conciliativa delle varie tesi sullo "strumento rappresentativo ad hoc".

Premesso che in qualsiasi "ordinamento costituzionale" la sovranità popolare viene esercitata attraverso l'istituto della "rappresentanza" (larghissima nei regimi a forti connotati di "democrazia diretta", sempre più ristretta invece quando l'ordinamento ha forti connotati di "presidenzialismo" o di regimi più oligarchici" ), io propongo una Commissione di larga rappresentanza popolare con compiti referenti formata da : 

  1. Sindaci (o loro qualificato sostituto) dei Capoluoghi Regionali
  2. Presidenti (o loro qualificato sostituto) delle Regioni
  3. Trenta o quaranta Parlamentari (deputati e senatori) in rappresentanza "proporzionale" delle forze politiche in PArlamento
  4. Modesta rappresentanza della Magistratura ordinaria, amministrativa e speciale.

La Presidenza di siffatta Commissione dovrebbe essere affidata ad un membro della Corte Costituzionale indicato dalla Corte stessa.

* * * 

In tal modo mi pare che :

  1. la rappresentanza popolare sarebbe largamente realizzata in tutte le sue componenti
  2. la delibera finale sul progetto sarebbe affidata al Parlamento, dove risiede cioè il potere legislativo
  3. l'approvazione delle proposte di modifiche costituzionali così licenziate verrebbe sottoposta ad un "referendum popolare" per la ratifica definitiva

* * *

Sarebbe naturalmente inteso che i lavori della Commissione dovrebbero avere una durata predeterminata (massimo un anno), la delibera del Parlamento entro quattro mesi dal licenziamento della proposta della Commissione, la celebrazione del referendum popolare di approvazione definitiva entro sei mesi dalla delibera del Parlamento.

Entro due anni al massimo dall'insediamento della Commissione, la Costituzione dovrebbe essere revisionata con buona pace delle chiacchiere e delle polemiche vere o infondate !

* * *

Quanto sopra per assecondare che cerca la tranquillità in qualche commissione o comitato o comizio; per conto mio le regole che sapientemente furono scritte dal 1946 al 1948 sono più che sufficienti ad assicurare un ordine democratico al paese: qualsiasi altra regola, anche vicina a quelle divine, non potrebbe dare fiducia se viene a mancare, come spesso è mancato in questo cinquennio, il "costume" che è il compendio delle virtù civili e morali che, al di là di ogni legge scritta, ho imparato ad apprezzare con l'assidua frequentazione dei miei maestri: Giovanni Conti, Vice Presidente della storica Assemblea del '46, e di Oliviero Zuccarini, emerito Costituente e studioso delle autonomie locali e delle problematiche sindacali ed economiche.

ANNIBALE BIANCO

 

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